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sabato 10 ottobre 2009

TESTO INTEGRALE DELLA LETTERA DI GUIDO BERTOLASO AGLI AQUILANI A SEI MESI DAL SISMA


Oggi è il sei ottobre 2009. Sei mesi dal sei aprile. Sei mesi, che sono un soffio e un’eternità insieme.Un soffio, per chi prepara progetti e li mette in atto, scontrandosi con la realtà dei “tempi tecnici” necessari per fare qualsiasi cosa. Un’eternità, per chi aspetta una normalità che sembra non arrivaremai, costretto a una vita da rifugiato anche se ha scelto di vivere a pochi metri da casa, obbligato a far passare il tempo senza avere il comando dei propri giorni per decidere come viverli.Come capita sempre nella vita, a distruggere basta un attimo, per costruire serve tempo. Una città, un territorio sono come una famiglia, un’impresa, una qualsiasi altra realizzazione sociale dell’uomo. Quando l’amore non è coltivato ogni giorno, quando si lavora oggi senza pensare a domani, quando si sta insieme per motivazioni che un giorno erano chiare, ma sulle quali non si è avuto la prudenza di lavorare, qualsiasi crisi può sfasciare tutto quello che abbiamo costruito, su cui abbiamo scommesso, che abbiamo considerato un bene acquisito una volta per sempre. Le famiglie si dividono, le imprese falliscono. Comincia, inevitabile, una stagione di ripensamenti, spesso diaccuse agli altri perché non ci hanno capito, non hanno riconosciuto le nostre ragioni, hanno mandato a rotoli i nostri progetti.Chi resta da solo e senza risorse, chi si ritrova dall’oggi al domani senza lavoro, chi si accorge che il racconto delle proprie esperienze di dramma, col loro strascico di paure e incubi notturni, ottieneun’attenzione sempre minore, distratta, svogliata: sono queste le sole persone che possono capire cosa sono sei mesi nella vita di chi se l’è vista distrutta.Il terremoto, la distruzione: nulla è più come prima, niente lo sarà mai più. Il terremoto parte dalla terra e arriva dentro ciascuno, dentro le famiglie, le comunità, le città, si installa come un ospite nonvoluto che è impossibile allontanare.Una presenza che cambia peso e intensità col passare dei giorni. I primi sono quelli del lutto, dei soccorsi, dei senzatetto da mettere al riparo. Poi ci sono quelli della solidarietà, tra chi è venuto adaiutare e chi ha trovato rifugio, dell’accoglienza, della voglia di far festa per ogni piccolo segno di vita buona, come una scuola che riapre o la nascita di un bimbo che diventa simbolo di speranza pertutti. Poi ci sono i giorni duri del tempo che rallenta, delle televisioni che non hanno più inviati, della routine dei campi che si vive con il fastidio crescente di essere come separati, da quei teli blu,dal resto del mondo e dal proprio futuro. Adesso è il periodo del tempo che non passa, perché ogni entusiasmo si è raffreddato, e ogni attesa provoca dolore, perché, costretti dalle cose ad essererealisti, a guardare in faccia la realtà per com’è, arriviamo a non sopportarla più.Anche i fatti positivi che pure accadono intorno a noi sono condivisi con riserva, se riguardano altri e non il proprio futuro. Sono centinaia, dopo sei mesi, le famiglie che abitano case nuove e confortevoli. Sono migliaia i ragazzi che hanno ripreso la scuola spesso in strutture realizzate a tempo di record. Sono sempre meno coloro che ancora non hanno trovato una sistemazione buona almeno per l’inverno. In sei mesi l’Italia intera ha partecipato a realizzare, all’Aquila, strutture che in occasione di altri terremoti non si sono mai viste o hanno richiesto anni per essere completate. La Protezione Civile e tutte le sue componenti e strutture operative, decine e decine di imprese allavoro, hanno trasformato L’Aquila e i Comuni del cratere in un cantiere aperto giorno e notte per dare casa e servizi a un’intera città disastrata.I primi risultati si vedono, sono concreti, sono reali, ma la realtà, che pure registra record assoluti di tempestività ed efficienza, sembra sempre in ritardo rispetto al tempo della nostra impazienza, dellastanchezza che arriva alle ossa perché abbiamo bisogno di un’aria diversa per respirare, senza misurarci ogni istante col tempo che, a seconda dei casi e dei ruoli, si traveste da soffio o diventaeterno sulla nostra pelle.Scrivo queste cose, a sei mesi dalla catastrofe, perché non mi sento ma sono aquilano, non mi sento ma sono terremotato, perché vivo da quel giorno gli stati d’animo, le ansie e anche le speranze dichi vive qui, nelle condizioni che il sisma del 6 aprile ha disegnato. Chi lavora con me da sei mesi, impegnato ogni giorno per rimediare ai guasti del terremoto, vive questa contraddizione di sentire che il tempo, i giorni, sono sempre troppo pochi e troppo lunghi, troppo pochi per arrivare a tutto, troppo lunghi perché non si vede bene la fine del tunnel della precarietà nel quale nessuno, lo abbiamo giurato a noi stessi, deve restare intrappolato.Non siamo terremotati perché il sisma ci ha colpito ma perché abbiamo scelto di esserlo con gli aquilani, siamo venuti da fuori e siamo rimasti, con l’idea forse banale e semplicistica che stava anoi per primi non andarcene, restare e lavorare senza risparmio di energie per dire coi fatti ai cittadini dell’Aquila che non erano soli, che lo Stato c’era e c’è, che il terremoto non ha lasciato nessuno senza percorsi possibili verso un futuro vivibile.Sono andato via dall’Aquila solo quando la tragedia, il disastro, hanno colpito altre parti d’Italia, a Viareggio, a Messina in queste ultime ore. Viaggi da una catastrofe ad altre, da un dolore che conosco ad altre sofferenze e altre amarezze. Per questo non ho bisogno di leggere i giornali, di ascoltare dichiarazioni, di scorrere reportage, di prender parte al gioco inutile delle polemiche per sapere che il nostro compito in Abruzzo non è ancora finito, che dobbiamo mettere in conto ancoragiorni e giorni passati lavorando senza badare alla fatica, spendendoci per limare un po’di tempo all’eternità di chi aspetta e far stare più cose nel soffio di ogni giorno a nostra disposizione.Chiedo al tempo, in questo giorno, di non impedirci di vedere ciò che abbiamo fatto e di gioirne, insieme a quanti per primi sono arrivati a godere dei risultati dell’enorme sforzo che ogni giorno si compie in queste terre.Chiedo al tempo che ci conceda una sua piega, per ricordare quanta strada abbiamo fatto in sei mesi, dai primi soccorsi alle esequie delle vittime, dalla visita del Papa alle decisioni del Governo per far fronte all’emergenza, dal G8 ai piani per le nuove costruzioni, dalle prime case finite a quelle che stanno sorgendo, dai giorni della mobilitazione solidale degli italiani fino all’oggi, che vede ancora migliaia di persone al lavoro, che hanno stabilito con l’Abruzzo e la sua gente un rapporto destinato a durare.Chiedo al tempo, infine, di lasciarci vedere il termine dell’attesa. Abbiamo tutti fame di pace, di cose finite, di impegni assolti. Abbiamo tutti fame di un buon futuro possibile e concreto, da usare con un po’ di libertà. Lo so e lo sento, condivido, resto qui a condividere con quanti ancora devono pazientare.Il giorno in cui daremo una casa all’ultima famiglia che l’aspetta, potremo di nuovo imparare a vivere il tempo nella sua semplicità, considerandolo nostro amico. Resto qui con voi, perché so chequel giorno è vicino e credo in coscienza di aver conquistato il diritto e l’onore di viverlo insieme a voi.



Guido Bertolaso

giovedì 1 ottobre 2009

LE TV PUBBLICHE IN ITALIA E IN EUROPA


Dal giorno in cui la televisione ha fatto il suo ingresso nel mondo, è in America che ha trovato la sua massima espansione. Il modello a stelle e strisce fu subito fondato sulla competizione tra più catene televisive indipendenti finanziate da investitori pubblicitari, senza spese per gli spettatori. Perché invece l’esperienza televisiva europea è sempre stata fortemente segnata dal concetto di servizio pubblico? Questa tendenza trova la sua ragion d’essere nel contesto storico in cui le emittenti televisive cominciano (anzi, ricominciano, dopo la parentesi bellica) a trasmettere. L’ Europa è in mezzo alle macerie della guerra appena conclusa e la tv diventa subito il simbolo della rinascita. Per questo, se il sistema sovietico punta immediatamente sulla diffusione dei propri successi in ambito scientifico confezionando propagandistiche opere di regime, nell’Europa Occidentale il nuovo elettrodomestico viene chiamato a ricoprire il ruolo di unificatore sociale.
La scatola magica diventa stabilizzatrice delle nuove politiche e delle nuove geografie, portando nelle case i vantaggi della nuova situazione ed un benessere d’importazione a buon mercato. Inoltre molti paesi europei hanno un tasso di alfabetizzazione ancora molto basso e la tv diventa il surrogato di cultura ed informazione, arrivando prima delle scuole, prima dei libri e prima dei giornali. Per tutti questi motivi il sistema televisivo in Europa è sempre stato concepito come un servizio culturale e pedagogico, un dovere ed un potere nei confronti dei cittadini. E chi meglio dello Stato è in grado di adempiere doveri e di esercitare poteri?Intraprendiamo dunque l’ascesa alle parabole che oggi infestano i tetti del Vecchio Continente e stiamo a sentire cosa hanno da insegnarci.
NIENTE SPOT, SIAMO INGLESI!INFORMARE, EDUCARE ED INTRATTENERE. Questi i valori programmatici della Bbc, l’ente di servizio pubblico inglese, che per attenersi ad essi si affida interamente al finanziamento dal canone pagato dai cittadini britannici. Si distingue per la totale mancanza di pubblicità al suo interno e per il fatto che non può investire le risorse da canone in attività commerciali. La Bbc dipende da un Consiglio indicato dal Governo, affiancato da sei organi consultivi (Consigli Nazionali sul Broadcasting) che collaborano per assicurare che l’interesse degli utenti sia appropriatamente rappresentato. L’emittente pubblica trasmette due canali televisivi nazionali, Bbc1 e Bbc2 ed è stabilita costituzionalmente da un Royal Charter, accompagnato da un Agreement che riconosce la sua indipendenza editoriale e ne stabilisce gli obblighi verso il pubblico. La Bbc è suddivisa in 16 Divisioni i cui direttori formano il Consiglio di Amministrazione presieduto dal Direttore generale e gode di un notevole grado di autonomia, sia dal Parlamento che dal Governo. Il Parlamento esercita un controllo sulla Bbc attraverso il bilancio. Il Governo può vietare messaggi relativi a vicende particolari, ma per ora l’unico vero divieto è stato emanato dalla Tatcher per impedire la diffusione di messaggi dell’Ira. A tutt’oggi quello britannico è considerato una sorta di servizio pubblico puro.
PARIGI VAL BENE UNA TASSAI tre canali televisivi pubblici francesi (France2, France3, France5) sono gestiti dalla compagnia France Télévision controllata a sua volta dal Csa (Conseil Supérieur de l’ Audiovisuel), un’autorità formalmente indipendente dal potere politico. Le radiotelevisioni pubbliche sono regolate attraverso dei Cahier des missions et de charges, leggi predisposte dal Governo che ne definiscono la missione e i doveri. Un supporto essenziale della relazione fra lo Stato-azionista e France Télévision è un controllo annuale della esecuzione del contratto che la concessionaria deve sottoporre all’esame del Parlamento e del Governo. Il sistema televisivo pubblico è pensato in un’ottica di offerta diversificata fra le reti. La programmazione di France2 è a vocazione generalista, quella di France3 è vicina alle realtà territoriali mentre il palinsesto di France5 si basa sulla trasmissione di programmi educativi e di formazione. Il finanziamento pubblico copre il budget di Fr2 per il 59% del totale e quello di Fr3 per il 66%, mentre il resto proviene dal canone pagato dagli spettatori e dalla pubblicità. Le reti pubbliche sono autorizzate a trasmettere gli spot solo durante gli intervalli naturali dei programmi ovvero fra una trasmissione e l’altra. Sono esonerati dal pagamento del canone gli ultrasessantacinquenni, gli ospedali, le scuole pubbliche e gli invalidi.
DUE TEDESCHE DI ALTO LIVELLOIl sistema tedesco ha una forte impronta federale, tanto che sono i Lander e non lo Stato centrale ad avere la gestione normativa della tv. Nove grandi televisioni regionali producono canali televisivi indipendenti destinati ai singoli land ed insieme diffondono un canale nazionale (Ard) a cui si aggiunge una seconda televisione pubblica nazionale (Zdf).Le istituzioni politiche non hanno influenze sulla programmazione, ma intervengono in fatto di accordi fra i Lander. Il servizio pubblico è finanziato in parte da un canone versato da ogni famiglia ed in parte dalla pubblicità, ma con vincoli molto stretti: 20 minuti al giorno, solo nei giorni feriali e prima delle ore 20. Il governo del servizio televisivo è nelle mani dei Consigli televisivi, organismi locali derivanti dai parlamenti dei Lander, rappresentativi dei vari settori di interesse della società: scuola, arti, donne, religioni etc. I Consigli stabiliscono gli indirizzi generali degli enti televisivi controllano il rispetto dei principi che regolano l’organizzazione dei programmi e nominano i direttori generali degli enti. L’unica autorità federale – il Ministero federale delle poste e telecomunicazioni – ha solo funzioni di gestione tecnica.
GRATIS NELL’ARENAIn Spagna esistono due reti nazionali, Tve1 – La primera, e Tve2 - La dos. Non esiste il canone.L’ente radiotelevisivo pubblico – Radio Television Espanola (Rtve) - è finanziato solo dalla pubblicità, mentre lo Stato concede dei sostegni economici per risanare i bilanci. I programmi religiosi e di informazione non possono comunque essere interrotti dai messaggi pubblicitari. Rtve è un ente pubblico attribuito a livello amministrativo alla Società Statale delle Partecipazioni Industriali. È controllata e gestita dal Consiglio di Amministrazione e dalla Direzione generale. Il Consiglio di Amministrazione è formato da 12 membri, metà designati dal Congresso, metà dal Senato. Alle sedute presenzia il Direttore generale, l’organo esecutivo del gruppo, nominato dal Governo in accordo con il CdA. La Commissione parlamentare del Congresso dei Deputati, formata da un ampio numero di parlamentari, controlla direttamente la Rtve. Nel 2002 è stata completata la digitalizzazione delle due reti generaliste.
BASSI I PAESI, ALTO IL PLURALISMOIl sistema olandese presenta caratteristiche molto diverse dagli altri paesi d’Europa, in quanto deve far fronte ad una società composta da gruppi culturalmente molto diversi. I canali pubblici sono tre, Nederland 1, 2, 3 e le licenze di trasmissione vengono assegnate ai singoli gruppi religioso-culturali in proporzione al loro peso sociale. I tre canali hanno una programmazione generalista, con oltre la metà del tempo dedicata a programmi culturali, educativi e di informazione. L’intrattenimento non deve superare il 25% per canale. Il sistema di finanziamento è misto, ma il canone è stato abolito nel 2000 per essere sostituito da partecipazioni statali. Esiste comunque un tetto del 10% alla pubblicità, che non può interrompere i programmi. L’ impostazione della programmazione fa capo al Nos, organismo pubblico che coordina i responsabili delle varie associazioni. Il Nos è regolato da un Consiglio di amministrazione i cui membri sono designati per il 50% dalle organizzazioni di diffusione, per un quarto dalla maggiori organizzazioni sociali e culturali e il restante 25% da rappresentanti del governo. Il Ministro per la Educazione e la Cultura nomina direttamente il presidente del consiglio di amministrazione.
ETERE DI GHIACCIOIl broadcasting pubblico danese, regolato dal Ministero della Cultura, prevede due emittenti pubbliche radiotelevisive: Dr (Radio Danimarca) e Tv2. DR è interamente finanziata dal canone, mentre TV2 si finanzia attraverso il canone ed entrate pubblicitarie. Entrambe hanno un Consiglio di amministrazione proprio che vigila sulle attività dell’emittente, affiancato dai Consigli per i programmi.
Yle, l’emittente pubblica finlandese, è una società che opera nel settore amministrativo del Ministero dei trasporti e delle Comunicazioni. L’emittente trasmette cinque canali televisivi e svolge un ruolo centrale nella produzione e presentazione di programmi educativi. I servizi per il pubblico tengono conto anche dei gruppi “minoritari”. Yle è finanziata dal canone e le trasmissioni non vengono interrotte da spot pubblicitari. Gli organi di gestione della compagnia (di proprietà statale al 99,9%) sono il Consiglio di amministrazione, il Consiglio dei Direttori ed il Direttore generale. L’organo principale è il Consiglio di Amministrazione composto da 21 membri scelti dal Parlamento che rappresentano il mondo delle arti, delle scienze, dell’economia e dei vari gruppi sociali e linguistici.
Svt, l’emittente televisiva pubblica svedese, è una emittente libera, indipendente e non governativa. I due canali televisivi nazionali, Svt1 e Svt2, sono trasmessi in forma sia analogica che digitale. L’organo di governo principale è il Consiglio di Amministrazione dal quale dipendono il Direttore del management e il Direttore dei programmi. Il secondo organo di gestione è la Commissione esecutiva dalla quale dipendono le articolazioni dell’azienda.
Nrk è la concessionaria pubblica radiotelevisiva norvegese. Trasmette un canale televisivo nazionale (Nrk-1) e due canali televisivi trasmessi in parte per via terrestre e in parte attraverso il satellite (Nrk-to e TvNorge). Nrk risulta come emittente di servizio pubblico dal 1988, anno in cui nello statuto della fondazione è stata inserita la frase al servizio del pubblico. Per ovviare alla vaghezza del concetto, il Governo ha istituito, nel 1995, un Consiglio dell’emittente di servizio pubblico che aiutasse nella individuazione dei criteri da rispettare e che provvedesse all’analisi e alla verifica dei rapporti annuali prodotti. Il Consiglio dell’emittente è composto da 14 componenti, di cui sei nominati dal Re. Nrk è finanziata dal canone di abbonamento e sui canali di servizio pubblico non possono essere trasmessi spot pubblicitari.
LA TV FRAMMENTATA DEI BELGIIl sistema pubblico radiotelevisivo belga è lo specchio del sistema federale. Le emittenti di servizio pubblico sono tre: Rtbf (Radiotelevisione belga della comunità francese ), Vrt (Radiotelevisione belga della comunità olandese) e Brf, struttura della comunità di lingua tedesca. Ogni comunità ha un differente ordinamento riguardo ai servizi di radiotelevisione, ma in ognuna di esse le principali competenze vengono attribuite al Governo della Comunità, affiancato dalle Autorità per i media che si occupano di controllo e regolazione.
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RIPETITORI SUL MONTE OLIMPOL’emittente radiotelevisiva pubblica greca è Radiotelevisione Ellenica S.A. (Ept), che trasmette due canali televisivi nazionali, Eti e Net oltre ad un canale regionale, Et3. Il finanziamento del servizio pubblico avviene attraverso una quota della bolletta elettrica. L’organo di controllo del sistema radiotelevisivo è il Consiglio Nazionale per la Radio e la Televisione, composto da sette membri che durano in carica quattro anni. Il Presidente e il vice-Presidente vengono designati, su proposta del Presidente del Parlamento, dal Collegio dei Presidenti del Parlamento Greco.
ANCHE DRACULA PAGA IL CANONEDurante il comunismo, negli Stati dell’Europa centro orientale, la televisione era il principale strumento di propaganda del regime. Nei primi anni ‘90 i governi post-comunisti cominciarono ad aprire il mercato ai privati e adottarono vari metodi per rendere più indipendente la televisione di Stato. Questa nuova televisione si è sviluppata seguendo l’esempio del servizio pubblico dell’Europa occidentale. Oggi il modello europeo è un concetto accettato in maniera diffusa, avendo ogni paese sviluppato specifiche forme di normazione sulle comunicazioni che assicurano una certa indipendenza del settore. Riportiamo qui l’esempio della Romania. L’emittente pubblica rumena, Societatea Romän? de Televiziune (Tvr) trasmette quattro canali televisivi: due canali nazionali e due canali internazionali via satellite. I canali nazionali sono la generalista Romania1 e Tvr2, che trasmette programmi culturali ed educativi. Il sistema di finanziamento è misto: esiste una tassa sulla radio e sulla televisione alla quale si aggiunge il finanziamento attraverso la pubblicità. L’autorità di controllo del sistema di broadcasting rumeno è il Consiglio Nazionale dell’Audiovisivo (CNA), un’autorità pubblica autonoma sottoposta al controllo del Parlamento e garante dell’interesse pubblico. Il suo fine è di assicurare il pluralismo in tutte le sue forme, bilanciare i programmi nazionali e locali, proteggere i diritti umani e i diritti dei minori, la lingua e la cultura rumena ed i diritti delle minoranze, assicurare la trasparenza. Il Consiglio è composto di 11 componenti nominati dal Parlamento così scelti: tre dal Senato, tre dal Governo, tre dalla Camera dei Deputati, due dal Presidente della Repubblica. Come tutti i sistemi pubblici dell’Europa centro-orientale , anche quello rumeno ha sofferto particolarmente la competizione con le emittenti private. Queste infatti, entrando in un mercato privo di adeguata legislazione ed avendo come obiettivo immediato il conseguimento di redditi molto consistenti, hanno spesso superato le emittenti pubbliche, incapaci di tenere il passo con esse.
“MAMMA RAI NON TI ABBANDONA MAI”La Rai, concessionaria del servizio pubblico in Italia in forte odore di privatizzazione, dispone di tre reti (Rai Uno, Rai Due, Rai Tre). Il Consiglio di Amministrazione che regola l’emittente è composto da nove consiglieri di cui sette vengono designati dalla Commissione Parlamentare di vigilanza e due dal Ministro dell’Economia ,azionista di controllo della Rai che ne indica anche il Presidente. I membri del Cda nominano il Direttore Generale. La Rai, rispetto agli altri servizi pubblici europei, risulta quindi molto più legata al potere politico. Il Contratto di Servizio che essa sottoscrive con il Governo la obbliga a tenere condotte teoricamente volte a garantire pluralismo ed informazione equilibrata, ma nella pratica rispondono piuttosto alle logiche della lottizzazione, della spartizione di reti e posti di comando secondo le dinamiche partitiche in sintonia con il governo in carica.Un’altra particolarità è rappresentata dal finanziamento che avviene mediante un canone di abbonamento generalizzato e si alimenta contestualmente con entrate pubblicitarie pagate dagli inserzionisti. Altri sistemi europei, come si è visto, prevedono questa formula, ma gli introiti derivanti dalla pubblicità (e, di conseguenza, le interruzioni pubblicitarie) in Italia sono molto elevati, secondi solo a quelli della Spagna dove però costituiscono pressoché l’unica risorsa. Il finanziamento misto così concepito ha portato la Rai a snaturare la sua vocazione di servizio pubblico e, per inseguire l’audience delle tv private, ha inserito nei suoi palinsesti molti programmi di natura commerciale a scapito di approfondimento e cultura. Bisogna precisare che il sistema pubblico italiano si trova ad operare nel contesto, del tutto anomalo, di un sistema duopolistico in cui la Rai e le tv private del gruppo Mediaset si dividono la maggior parte delle risorse pubblicitarie e dell’ascolto (e sarà così anche con l’avvento del Dtt). Le storiche alleanze fra politici, media e poteri occulti hanno impedito l’entrata in scena di altri gruppi competitivi per quote di mercato ed accessi alle infrastrutture.